Il desiderio che Lewis ha di “raccontarsi” è concretizzato nel 1933 quando, durante una vacanza in Irlanda, in sole due settimane, scrive The pilgrim’s regress, pubblicato in Italia col titolo Le due vie del pellegrino, allegorica parafrasi di The pilgrim progress[1] di John Bunyan[2]. Lewis sceglie il genere letterario dell’allegoria, tipico del medioevo (Lewis stima moltissimo Dante Alighieri come maestro insuperato di allegoria), per rappresentare concetti o idee mediante figure o immagini con significato diverso da quello letterale.[3] A differenza dell’allegoria, che si coglie con l’intelletto, Lewis afferma che il mito si comprende con l’immaginazione. Egli sostiene che l’allegoria non appartiene solo all’uomo medievale, ma all’uomo in quanto tale ed ancora conserva tutta la sua capacità comunicativa:
L’allegoria è una rappresentazione della realtà attraverso immagini capaci di evocare situazioni e sensazioni dell’animo umano. Lewis aggiunge che esiste una forma di allegoria meno astratta e più potentemente significativa: il simbolismo. Questo è il tentativo di leggere il mondo scorgendovi il segno dell’immagine originaria, il modello, il paradigma secondo il quale esso è stato creato. Dell’arte del simbolismo letterario un maestro indiscusso si stava rivelando, agli occhi di Lewis, l’amico Tolkien.[4]
Il sottotitolo che Lewis aggiunge a Le due vie del pellegrino è il seguente: Apologia allegorica del cristianesimo, della ragione e del romanticismo. A partire dalla terza edizione, Lewis acclude nell’introduzione una spiegazione del significato del termine romanticismo. Qui illustra il termine in tutti i suoi aspetti, e chiarisce che egli intende per romanticismo “la nostalgia intensa per qualcosa di misterioso del quale tuttavia si avverte l’esistenza; un desiderio non emotivo e sentimentalistico, ma profondo, connesso con le domande dell’animo umano che cerca risposte vere.”[5]
Il protagonista del libro è John, un giovane che vuole fuggire dal paese di Puritania dove è nato: allegorico riferimento al natio Ulster. Nel suo viaggio, all’insegna della ricerca di un’isola fantastica, percorre “geograficamente” quelle che sono le ideologie, le religioni, le filosofie ed i sentimenti umani: vere e proprie città che egli visita. John potrebbe fermarsi in una di quelle città, ma decide di inseguire il suo sogno. Alla fine, John riesce a raggiungere la sua desiderata “isola”, ma si accorge che in realtà si tratta delle stesse montagne che poteva vedere all’orizzonte da Puritania, solo che ancora non capiva che si trattava proprio della sua sospirata “isola”. Ricomincia quindi il suo viaggio di ritorno. I suoi occhi ora sono aperti.[6]
Soprattutto in questo periodo dunque, l’allegoria è al centro degli interessi di Lewis, tanto che nel 1936 viene pubblicato un saggio su cui lavora da circa un decennio: il titolo è The allegory of Love, a study in medieval tradition:
The allegory of love fece capire agli studiosi di Oxford che Lewis era un grande critico letterario. Il tema del libro era stato suggerito dal suo tutor, F. P. Wilson, intorno al 1925. Jack cominciò il lavoro nel 1927 e vi lavorò molto più intensamente tra il 1933 e il 1935, per lo più nelle sue stanze o nella sala di letture Duke Humphrey della Bodleian Library. Mandò il manoscritto alla Clarendon Press il 18 settembre del 1935, e il 29 ottobre seppe che l’editrice lo voleva pubblicare.[7]
Alla sua pubblicazione, il libro è enormemente apprezzato dalla critica, tanto che il Professor Igor Evans scrive sul London Observer: “Della moltitudine di libri di storia della letteratura c’è, una volta o due per ogni generazione, un gran capolavoro. Io credo che tale sia questo lavoro del Sig. C. S. Lewis.”[8] L’editore chiede a Charles Williams di leggere il libro in anteprima e di farne una recensione. Williams conosce il genio di Lewis e subito gli scrive per complimentarsi. Per caso, anche Lewis gli scrive proprio in quei giorni, lodando The Place of the lion, una novella dello stesso Williams. Nasce così tra i due letterati una straordinaria amicizia che durerà fino alla prematura morte di Williams.[9]
È probabilmente la presenza intorno a sé di così tanti stimoli letterari, soprattutto quelli dati dall’amicizia e dalle opere di Williams e Tolkien, il motivo per cui Lewis decide di inoltrarsi su una nuova avvincente strada. Mentre l’amico Tolkien sceglie una narrativa fatta di storie lontane nel tempo, Lewis rivolge la propria attenzione ad una narrativa fatta di storie lontane nello spazio. È il 1938, quando è pubblicato Out of the silent planet (Lontano dal pianeta silenzioso), seguito poi da Perelandra (Perelandra) nel 1943 e da That hideous strength (Quell’orribile forza) nel 1945. Lewis ha messo mano anche ad un quarto libro, The dark tower, purtroppo mai completato e pubblicato solo postumo nel 1977. Quest’opera, ovviamente, non è compresa nella cosiddetta Space trilogy.
In una lettera scritta a Warren il 20 luglio del 1940, Jack parla dell’idea di un libro: una raccolta di lettere cui ha inizialmente intenzione di dare il titolo di Da un diavolo ad un altro. Lewis, nell’ambito di uno sconvolgente, immaginifico rapporto epistolare che la sua fervida fantasia fa vivere a due demoni chiamati Berlicche e Malacoda, dà corpo alle missive di questi due improbabili corrispondenti. Comincia a scrivere una lettera alla settimana e nel febbraio del 1941 ne spedisce ben trentuno al The Guardian, settimanale della chiesa anglicana. Le lettere sono pubblicate settimanalmente, dal maggio fino al novembre del 1941. Il giornale gli promette un compenso che oggi sarebbe paragonabile a circa mille euro. Lewis chiede di mandare tutto in beneficenza, come fa di solito con i proventi dei libri che scrive su temi di carattere religioso.
La casa di “The Kilns” è subissata da continue lettere di complimenti, apprezzamenti e richieste di ogni genere, soprattutto richieste di consigli di natura strettamente personale e spirituale. Lewis, passa tutto il suo tempo a curare la sua corrispondenza, tanto che un giorno chiede a Warren di aiutarlo, e non senza un regolare pagamento che il fidato fratello ed amico accetta.
La corrispondenza aumenta ulteriormente quando, nell’agosto del 1941, James Welch, direttore della testata religiosa del British Broadcasting Corporation (BBC), lo invita a parlare alla radio ogni mercoledì su temi cristiani. Welch ha letto The problem of pain (Il problema del dolore)[12] di Lewis ed è rimasto colpito dalla profondità del suo pensiero. Le conferenze alla radio sono in seguito pubblicate a più riprese, per poi trovare cristallizzazione definitiva in quello che sarà uno dei testi più lucidi ed efficaci di Lewis, il celebre Mere Christianity (Il cristianesimo così com’è),[13] preziosissimo contributo di ecumenismo cristiano.[14]
È in questo periodo che Lewis comincia una vera e propria attività da teologo, dettando insegnamenti di altissimo spessore, attraverso libri e conferenze per presentare la novità delle sue idee. Dal 1942 al 1947, oltre a The Screwtape letters e Mere Christianity, egli pubblica una sorprendente quantità di opere quali The preface to paradise lost[15], una critica al Paradiso perduto di Milton; Perelandra[16], il secondo volume della Space Trilogy; The abolition of man (L’abolizione dell’uomo)[17], un breve e potente saggio sulla legge morale naturale; That hideous stregth (Quell’orribile forza)[18], il terzo volume della Space Trilogy; The great divorce (Il grande divorzio)[19], la sua visione su inferno, purgatorio e paradiso; Miracles (La mano nuda di Dio)[20], uno studio sui miracoli. Inoltre egli scrive moltissimi articoli, saggi e recensioni per numerose riviste, senza tralasciare la sua corrispondenza e la sua ormai ben nota attività di sottile ed eloquente oratore.
Il 1° settembre del 1947, Lewis si vede recapitare una lettera di un prete cattolico di Verona che, dopo aver letto Le lettere di Berlicche, è rimasto profondamente colpito dalle idee dell’anglicano Professore di Oxford. Si tratta di Don Giovanni Calabria, fondatore della “Congregazione dei poveri servi e delle povere serve della Divina Provvidenza”, nato a Verona nel 1873. I due non si incontreranno mai, ma porteranno avanti un’intensa corrispondenza, nella consapevolezza che, anche se appartenenti a chiese diverse, sono pur sempre molte più le cose in comune tra loro che non quelle che non lo sono. Nella sua prima lettera, cui fanno seguito tante altre scritte sempre in latino, Don Giovanni sottopone all’attenzione di Lewis l’urgente e delicatissimo problema dell’ecumenismo, implorato dallo stesso Gesù che pregava il Padre con le accorate parole: “ut unum sint”[21]. Una settimana dopo il Docente di Oxford esprime in una lettera di risposta tutto il suo sincero interesse ed instancabile impegno per la causa dell’unità dei cristiani; in primo luogo un impegno concreto di produzione letteraria sui temi che uniscono i cristiani e quindi anche un impegno di ordine spirituale che Lewis vede come il più importante ed efficace: la preghiera quotidiana per tal fine.[22]
Ecco, per l’appunto, un motivo in più per pubblicare Mere Christianity, lasciando da parte le questioni che dividono i cristiani, per toccare nel vivo le questioni che invece li uniscono. Don Calabria apprezza molto l’impegno di Lewis che, in quelle pagine, aiuta i cristiani a compiere un enorme passo in avanti nel cammino di riconciliazione con i fratelli in Cristo di tutto il mondo.
Partendo dunque da questo reciproco interesse per l’ecumenismo, il prete di Verona ed il laico di Oxford stabiliscono tra loro una profonda e sincera amicizia spirituale:
Risulta evidente in tutto l’epistolario, che il rapporto tra Don Calabria e Lewis fu un’amicizia serena, gioiosa, generante mutua confidenza, nutrita dal desiderio di partecipare al bene spirituale vicendevole.[23]
I due amici si scambiano lettere fino alla morte di Don Calabria, avvenuta nel 1954. Ora quelle lettere sono raccolte nel volume Una gioia insolita, lettere tra un prete cattolico e un laico anglicano, pubblicato da Jaca Book nel
[1] John BUNYAN, The pilgrim progress,
[2] John Bunyan (1628-1688), scrittore e predicatore anglicano. Scrisse The pilgrim progress in due parti, la prima fu pubblicata nel 1678 e la seconda nel 1684. Si tratta dell’allegoria del cammino di “Cristiano” dalla “Città della distruzione” alla “Città celeste”. L’opera è considerata capolavoro della letteratura inglese.
[3] Cf. GULISANO, C. S. Lewis, 61-62.
[4] GULISANO, C. S. Lewis, 62.
[5] GULISANO, C. S. Lewis, 63.
[6] Cf. Clive Staples LEWIS, The pilgrim’s regress: an allegorical apology for Christianity, reason and romanticism,
[7] SAYER, Jack: a life of C. S. Lewis, 242. Traduzione personale.
[8] SAYER, Jack: a life of C. S. Lewis, 242. Traduzione personale.
[9] Cf. SAYER, Jack: a life of C. S. Lewis, 242-243. Traduzione personale.
[10] Clive Staples LEWIS, The Screwtape letters, London, Geoffrey Bles, 1942. Ristampato, con l’aggiunta di una lettera ed una prefazione, col titolo di Screwtape letters and Screwtape proposes a toast, London, Geoffrey Bles, 1961.
[11] Cf. SAYER, Jack: a life of C. S. Lewis, 272-276.
[12] Clive Staples LEWIS, The problem of pain,
[13] Clive Staples LEWIS, Mere Christianity,
[14] Cf. SAYER, Jack: a life of C. S. Lewis, 277-280.
[15] Clive Staples LEWIS, A preface to paradise lost,
[16] Clive Staples LEWIS, Perelandra,
[17] Clive Staples LEWIS, The abolition of man: reflections on education con special reference to the teaching of English in the upper forms of schools,
[18] Clive Staples LEWIS, That hideous strength. A modern fairy-tale for grown-ups,
[19] Clive Staples LEWIS, The great divorce: a dream,
[20] Clive Staples LEWIS, Miracles. A preliminary study,
[21] Vangelo secondo Giovanni 17, 11-
[22] Cf. GULISANO, C. S. Lewis, 153-164.
[23] Luciano SQUIZZATO (ed.), Don Calabria, C. S. Lewis. Una gioia insolita. Lettere tra un prete cattolico e un laico anglicano, Milano, Jaca Book, 1992, 105.